SCIACALLAGGIO O GRANDE FRATELLO' A CHI GIOVA TUTTO QUESTO'

Archiviato il fascicolo della DIA sulla cena di Corbara. Nessuna violazione del dispositivo da parte di Aliberti.
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E’ recente la comunicazione da parte della DIA (Direzione Investigativa Antimafia) dell’archiviazione delle indagini relative al fascicolo aperto sulla cena a Corbara, nella quale ha preso parte il sindaco e una serie di persone nel mese di Gennaio. Cena, portata alla luce da un articolo pubblicato da puntoagronews.it, il quotidiano on line che vede tra le sue collaboratrici una giornalista che pochi giorni prima della pubblicazione dell’articolo era stata chiamata a testimoniare dall'accusa, nel processo Sarastra. Nell’articolo in questione, come è norma ormai dall’arresto dell’ex sindaco Pasquale Aliberti ad oggi, si insinua un dubbio, ovvero quello del mancato rispetto del dispositivo del Giudice che prevede il divieto per Aliberti di dimorare a Scafati e paesi limitrofi.

Tra le righe (ma neanche tanto) la giornalista ha indotto a pensare che la cena in questione si fosse tenuta in un luogo vicino o confinante con Scafati. La Dia, pertanto, ha dovuto avviare un’indagine d’ufficio ad hoc sul tema, ha interrogato i commensali della cena in questione e ha raccolto il materiale, i video, la messaggistica relativa alla stessa. Quello che emerge dalle indagini, però, sfiora il ridicolo e appare come l’ennesimo tentativo di tingere di giallo azioni e intenzioni di Aliberti. Il fascicolo difatti è stato chiuso, il dispositivo non è stato assolutamente evaso perchè il percorso intrapreso dall’ex sindaco era rispettoso della norma e a dirla tutta, quello che resta di questa vicenda, è la crudeltà e l’atteggiamento giustizialista di certe affermazioni ormai pubbliche. Alla cena organizzata da Roberto Pascale, ex presidente della Scafatese Calcio, amico di Aliberti di vecchia data anche alla luce della professione di medico di quest’ultimo, c’erano diverse persone. Tra i tanti, un appartenente al PD, Luciano Izzo, il quale leggendo dall’articolo il suo nome tra i commensali e probabilmente interrogato dai suoi stessi amici di partito, come emerge anche dalle intercettazioni, ha dichiarato di aver raggiunto l’abitazione di Corbara con il dott. Addeo (marito della cugina di un membro della commissione straordinaria. Ndr)e di aver appreso della presenza del sindaco in quella circostanza “con profondo imbarazzo mio e dei miei accompagnatori”.

Un imbarazzo dovuto alla presenza dell’ex sindaco e del fratello Nello, smentito dai presenti che hanno invece sottolineato la ‘carineria’ di Izzo nel salutarli. “Dopo aver salutato i presenti - dichiara Izzo -  mi sono allontanato e isolato in un ripostiglio e ho iniziato ad inviare messaggi whatsapp a Michele Grimaldi, segretario del mio partito e al tesoriere Vincenzo Somma”. Uno scambio di messaggi che lascia davvero l’amaro in bocca e che appare come un tentativo mal riuscito di giustificarsi. Non meno stigmatizzabili le risposte del segretario Grimaldi che al "sono stato attratto in un agguato politico” di Izzo replica “Direi sarebbe il caso di fuggire celermente. Sono una chiavica. E’ stato fatto apposta”. L’imbarazzo a questo punto è evidente. Ma è un imbarazzo che dovrebbe provare chiunque ritenga un imputato una persona da evitare. E di quale ‘agguato politico’ parliamo? Che considerazione avrebbe Aliberti o chi per esso dell’ex sindaco se davvero fosse stata una trappola? Le presunzioni degli esponenti del PD appaiono a dir poco fantasiose, degne di un film di fantascienza o de ‘Il Camorrista’ di Tornatore. Sono gli stessi commensali ad aver attestato la presenza di Izzo per tutta la durata della cena, tanto che il suo ‘sono andato via prima’ non precisa se prima o dopo il panettone o la bomboniera finale (Il messaggio pare sia stato inviato due ore dopo l'inizio della cena!).

In ogni caso il punto è un altro. Non si vuole screditare alcuno, nè mettere in discussione l’appartenenza fedele ad uno schieramento politico. La questione è tutta incentrata su quella umanità e quel rispetto per la persona che dovrebbe contraddistinguere prima l’uomo e poi l’uomo che vuole fare politica, se parliamo di una politica al servizio degli altri e della comunità. Da una parte vi è, infatti, l’errore del pregiudizio, che ritiene un imputato, nella fattispecie Aliberti, già colpevole, dall’altra la ferocia e l’odio rivolto alla persona che rasenta atteggiamenti razzisti, da ghetto, da peste bubbonica. E poi vi è un altro aspetto. Quello che mi riporta tanto al Grande Fratello di Orwell, e benchè non si tratti, come nel romanzo distopico, di un regime totalitario che muove i fili di una società Oceania, parliamo sempre di una modalità morbosa, asfissiante, persecutoria, di spiare dal buco della serratura un uomo ‘libero’! Si, libero. Pasquale Aliberti è un uomo libero e dunque fa quello che gli pare della sua vita, nel rispetto delle regole imposte dal Giudice. Di cene a Corbara, a Pagani e a Canigattì può, quindi, farne a volontà. E’ giusto continuare in questa direzione? A chi giova tutto questo?